Una voce di notte - Camilleri

«Hanno sollecitato?».

«Nonsi».

«E allura che è tutta ’sta prescia ? Jorno cchiù jorno meno la situazioni non cangia».

«Dottore, vidisse che se lo veni a sapiri il ministro per la riforma burocratica le fa il pilo e il contropilo!»

«Il ministro voli renniri cchiù viloci l’inutilità, l’inconsistenza del giro a vacante delle carte che per il novanta per cento non servino a nenti».

«Ma l’impiegato non devi giudicari se le carte servino o no. Le devi sulamenti firmari e basta».

«E che è, un robot, l’impiegato? Non è dotato macari lui di un ciriveddro per pinsari? L’impiegato, che sapi che quelle carte non servino a nenti, pirchì dovrebbi ’mpignarisi?».

«Che si dovrebbi fari, secunno vossia?».

«Aboliri l’inutilità».

«Dottore, secunno mia è ’na cosa ’mpossibbili».

«E pirchì?».

«Pirchì l’inutilità fa parti ’ntegranti dell’omo».

Montalbano lo taliò ’mparpagliato. Stava scoprenno un Fazio filosofo. Ma quello continuò:

«Dottore, sintisse a mia, non è meglio se ’ste carte se le sbarazza a picca a picca? Gliene porto ’na vintina? Basta ’na mezzorata e se le leva di davanti all’occhi».

«Vabbeni, però facemo ’na decina».


Una voce di notte - Andrea Camilleri, p.22

Sellerio editore, Palermo